Giovedì 28 gennaio alle ore 8.30 presso l'ex Ospedale Psichiatrico di Maggiano, ci sarà la consegna della Pietra di Inciampo per questo eroe della resistenza e difensore dei diritti umani. Il dottor Lippi Francesconi era direttore dell'Ospedale Psichiatrico di Maggiano.
Chi era Guglielmo Lippi Francesconi
Autore del primo manifesto del Carnevale di Viareggio e medico psichiatra a Maggiano, Lippi Francesconi fu ucciso dai nazisti per il suo rifiuto di applicare sui prigionieri gli strumenti più disumani della psichiatria.
Era l’estate del 1944 quando Guglielmo Lippi Francesconi (nato a Lucca nel 1898), primario dell’ospedale psichiatrico di Maggiano, medico psichiatra dai metodi innovativi per il suo tempo, capì con certezza di essere controllato da vicino dai fascisti e con la famiglia si rifugiò nel paesino di Vecoli sulle colline lucchesi. Come primario si distinse per la sua ferma opposizione all’uso della camicia di forza e per la volontà di ridare dignità ai malati ricoverati nella struttura. Dal 1942 ebbe posizioni sempre più contrastanti con le richieste del fascio di Lucca. Nell’estate del 1944 i rapporti si fecero sempre più tesi e sfociarono nella sua uccisione, nel settembre 1944, nell’Eccidio della Certosa di Farneta.
Nel 2000, durante un congresso di psichiatria italo-tedesca, il professor Michael Von Cranach ricordò Lippi Francesconi come “uno degli esempi più luminosi in Europa di opposizione all’uso della psichiatria come strumento di sopraffazione e di violazione della dignità della persona…”.
Ma Lippi Francesconi era anche un grande appassionato di arte: nel 1933 strinse un forte legame anche con il pittore Lorenzo Viani che curava a Nozzano per i continui attacchi d’asma. Il suo talento “esplose” anche in campo artistico: è infatti fu proprio Lippi Francesconi a vincere, nel 1925, il primo concorso per il manifesto del Carnevale di Viareggio. Oggi la sua tomba, assieme a quelle della moglie e del figlio Pier Luigi, è collocata a Vecoli, sulle colline che separano l’Oltreserchio dalla Valfreddana.
La Pietra di Inciampo
Le pietre d'inciampo (in tedesco Stolpersteine) sono un'iniziativa dell'artista tedesco Gunter Demnig per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti.
La memoria consiste in una piccola targa d'ottone della dimensione di un sampietrino (10 × 10 cm), posta davanti alla porta della casa in cui abitò la vittima del nazismo o nel luogo in cui fu fatta prigioniera, sulla quale sono incisi il nome della persona, l'anno di nascita, la data, l'eventuale luogo di deportazione e la data di morte, se conosciuta. Questo tipo di informazioni intendono ridare individualità a chi si voleva ridurre soltanto a numero. L'espressione "inciampo" deve dunque intendersi non in senso fisico, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell'opera.
L'espressione "pietra di inciampo" è mutuata dalla Bibbia e dall'Epistola ai Romani di Paolo di Tarso (9,33): "Ecco, io metto in Sion un sasso d'inciampo e una pietra di scandalo; ma chi crede in lui non sarà deluso".
Le pietre d'inciampo vengono posate in memoria delle vittime del nazismo, indipendentemente da etnia e religione. La prima, ad esempio, fu posata a Colonia in ricordo di mille tra Sinti e Rom deportati nel maggio del 1940.
La maggior parte delle pietre d'inciampo fuori dalla Germania sono state documentate da due fotografi austriaci, Christian Michelides e Francisco Peralta Torrejón.