Anelli (FNOMCeO): “Provvedimento di forte significato simbolico, segno importante di civiltà. Aiuteranno a curare meglio i profughi che non parlano la nostra lingua”.
“Un provvedimento che ha una sua simbologia, un suo significato simbolico, perché il rispetto della dignità umana e professionale è un segno importante di civiltà del nostro paese”.
Così il Presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, commenta ai microfoni di FNOMCeO Tg Sanità l’entrata in vigore del decreto-legge n. 21 del 21 marzo 2022, recante “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”, che permette, tra l’altro, ai professionisti sanitari residenti in Ucraina prima dell’inizio del conflitto di esercitare in Italia in via temporanea, sino al 4 marzo 2023.
“Siamo grati al Governo per aver previsto, proprio per il rispetto che si deve alla dignità umana, la possibilità anche per i professionisti sanitari che arrivano in Italia di poter svolgere qui la loro attività – continua -. Questo ci può essere utile nei confronti dei profughi ucraini che non parlano la nostra lingua e che potranno essere anche visitati o curati dai loro medici, qualora ne arrivassero”.
“Ringrazio – aggiunge – tutti i colleghi italiani che si sono messi a disposizione: sono veramente tanti, in tutto il paese, i professionisti che hanno dato la loro disponibilità a seguire e a curare i profughi provenienti dall’Ucraina, anche sotto l’aspetto dell’accoglienza”.
“Ringrazio anche tutti i presidenti degli Ordini – conclude Anelli – che hanno consentito operazioni di grande umanità nei confronti dei profughi, che portano su di loro i segni atroci della guerra. Anche qui a Roma, al Bambin Gesù, sono arrivati bambini con addosso gli effetti devastanti delle bombe, i segni di quelle che sono le piaghe di una guerra che non guarda purtroppo in faccia a nessuno. E, sotto questo aspetto, c’è anche la piena solidarietà nei confronti dei colleghi ucraini che sono rimasti a lavorare in quel paese tormentato dalla guerra: lì prestano, ovviamente, la loro opera professionale nei confronti di tutti di tutti coloro che sono feriti, ucraini e anche russi, perché la professione non guarda in faccia a nessuno e cura tutti, senza discriminazione alcuna”.
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